''La consapevolezza è il viaggio di tutta una vita su un cammino che alla fine non porta da nessuna parte: solo a scoprire chi sei.''
Bohemian Rhapsody: La Storia di un Capolavoro Immortale dei Queen
Oggi, a quasi cinque decenni dalla sua creazione, "Bohemian Rhapsody" continua a risuonare come uno dei brani più iconici della storia della musica. La sua influenza è innegabile, e la sua magia rimane intatta.
RETROSOUND
max giudici
6/29/202510 min leggere


Bohemian Rhapsody: La Storia di un Capolavoro Immortale
🎬 I frammenti iniziali: l'idea lungo alcuni anni
Il viaggio di Bohemian Rhapsody inizia già alla fine degli anni ’60, quando Freddie Mercury (all’epoca Farrokh Bulsara), studente di Ealing Art College, inizia a comporre pezzi vocali e lirici che conserverà nei suoi taccuini. Le prime righe — “Mama, just killed a man…” — risalgono a quel periodo. Il brano veniva originariamente soprannominato “The Cowboy Song” o semplicemente “Fred’s Thing” durante la fase embrionale .
Freddie stava sviluppando un'idea ambiziosa e ambivalente: non un pezzo pop tradizionale, ma una vera e propria meta-composizione musicale con ballata, opera e hard rock. Solo più tardi verrà battezzata Bohemian Rhapsody — un titolo che coniuga lo spirito libero da “bohemian” e la libera struttura “rhapsody” .
🏠 Composizione casalinga: stesura nell’intimità di Kensington
Nei primi mesi del 1975, Mercury lavora a lungo alla sua nuova creazione nella casa di Kensington, piano come testata del letto e un libretto di appunti a portata di mano. È qui che prende forma la prima versione della ballata, con piano e voci guida. Indimenticabile è l’aneddoto riportato da Roy Thomas Baker, il produttore: Freddie gli suona la sezione lenta al pianoforte nella sua abitazione, poi si interrompe e dichiara: “E questa è la parte dove arriva l’opera!” it.wikipedia.org.
I Queen — Brian May, Roger Taylor e John Deacon — accolgono con entusiasmo la proposta, incuriositi da questa svolta strutturale che scompagina il concetto di canzone pop. Brian May in seguito conferma che la banda, pur sorpresa, riconobbe subito il potenziale rivoluzionario del pezzo.
🎤 Prove e registrazioni: dalla campagna inglese a Rockfield
Dopo un periodo di prove a Ridge Farm Studio (Surrey) e Penrhos Court (Herefordshire), nell’estate del 1975 la band si sposta a Rockfield Studios, nel Galles, dove iniziano le registrazioni il 24 agosto.
Quelle sessioni si rivelano un percorso quasi pionieristico nel panorama rock di metà anni ’70:
La struttura è tripartita: ballata, opera, hard rock — senza ritornelli tradizionali.
La sezione operistica richiede una dedizione maniacale: oltre 160–180 tracce vocali registrate a strati, con Brian ai bassi, Freddie al centro, Roger agli acuti, mentre John Deacon non canta.
L’uso intensivo del nastro porta a consumarlo: “Una traccia che potevi vedere attraverso” — così Brian descrive lo sforzo per inserire nuovi “Galileo” o armonie.
Le sessioni vocali si svolgono in una settimana dedicata solo a quelle, mentre l’intero processo richiede circa tre settimane con spostamenti tra Rockfield e altri otto studi a Londra — tutto parte dell’album A Night at the Opera, all’epoca uno dei più costosi in assoluto (circa £40.000).
🎧 Produzione e perfezionismo: Roy Thomas Baker
Dietro il suono mastodontico c’è il produttore Roy Thomas Baker, artefice tecnico del brano. La sua filosofia? “Se vale la pena farlo, vale la pena esagerare” .
Ha gestito l’operazione registrativa più costosa dell’epoca, anche sfruttando quattro studi in parallelo per separate sessioni di voce, basso, batteria e chitarra .
L’operatico “Galileo” lo registra in tre settimane, con la squadra motivata da una sensazione di pionierismo: “Ascoltavamo per la prima volta una grande pagina della storia” .
Alla EMI sembrava impensabile: “Troppo lungo per la radio”, fino al punto di negarne l’uscita come singolo. La fuoruscita di un promo a DJ Kenny Everett spinge la richiesta del pubblico. Everett lo mette in giro 14 volte in un weekend e l’EMI, incapace di resistere, cede.
📡 Promozione in video: un anticipatore
Il singolo esce il 31 ottobre 1975, ma i Queen evitano le promozioni in TV dal vivo, ritenendole inadatte per un brano così strutturato. Così commissionano a Bruce Gowers un video promo — uno dei primi veri videoclip rock della storia – pensato non per apparire su Top of the Pops, ma per sostituire effettivamente la performance dal vivo.
Girato in dieci ore agli Elstree Studios, con una troupe minimale e solo £4 500 di budget, il video diventa fenomenale: l’effetto sovrapposizione delle immagini nella parte operistica richiama la copertina di Queen II (ispirata da Marlene Dietrich) e anticipa l’importanza dell’unione tra musica e immagine.
Il filmato, trasmesso in TV mentre il singolo scala le classifiche, segna l’avvento dell’era dell’industria dei videoclip: “Forse non siamo stati i primi, ma il primo singolo che ha venduto grazie a un video”, conclude Roger Taylor.
🌟 Impatto e futuro: un singolo senza precedenti
Quando Bohemian Rhapsody raggiunge il pubblico, diventa il singolo UK per nove settimane consecutive. Ritornerà persino primeggiando nuovamente nel 1991, dopo la morte di Mercury, entrando nella storia con vendite record.
Kenny Everett dà una mano, come detto, con gli spin radiofonici; l’EMI si arrende; e il singolo raggiunge il n.1 anche in USA, confermando il potere dirompente del brano .
In seguito, Queen lo portano nei concerti più leggendari: il culmine arriva al Live Aid del 13 luglio 1985, dove il gruppo apre il suo set di Wembley proprio con Bohemian Rhapsody, uno dei momenti più memorabili della storia del rock.
🧩 Significato nascosto e motivazione interiore
Freddie Mercury non spiega mai a pieno il testo. Chi era vicino a lui — come Peter Hince o la romanziera Lesley-Ann Jones — insinua che si tratti di una confessione mascherata: la morte del “vecchio sé” e l’accettazione della propria identità più autentica, con riferimenti alla vita privata e alla relazione con Mary Austin.
Tuttavia, Mercury stesso risponde ai tentativi di interpretare troppo letteralmente: “Se lo vedi, Caro, allora è lì” — preferendo un’enigmaticità poetica al dichiarativo.
🧠 Tecnica e sperimentazione: un trionfo tecnico
Bohemian Rhapsody resta uno spartiacque nella storia musicale:
Uso intensivo di tracce multiple con 24 piste analogiche.
Sovraincisioni vocali, ori dell’effetto coro .
Approccio orchestrale con timpani, gong, archi elettrici, tastiere.
Brian May con la sua Red Special e assoli che dialogano con l’operaticità vocale.
Il risultato è un «mock opera», come la definì lo stesso Mercury, che rompe ogni schema pop tradizionale
🏁 Conclusione narrativa
Alla fine, Bohemian Rhapsody è il prodotto di:
Genesi personale: frammenti di lunga data, incubati tra arte e introspezione.
Visione innovativa: Freddie come architetto di un brano strutturalmente e stilisticamente rivoluzionario.
Dedizione tecnica: registrazioni estese, perfezionismo nel sovrapporre centinaia di tracce.
Produzione epocale: il genio di Roy Thomas Baker, l’audacia di sfidare etichette e convenzioni.
Promozione pionieristica: un video ante-litteram che anticipa MTV e il videoclip industriale.
Impatto storicizzato: dal successo iniziale alle esecuzioni leggendarie nei live, fino alla longevità postuma del brano.
È difficile immaginare una creazione simile oggi: più di un singolo, più di un clip, Bohemian Rhapsody è un’epopea sonora che mescola rock, teatro, opera e biografia, lasciando un’eredità che vive ancora, eterna e indecifrabile — proprio come Freddie Mercury avrebbe voluto.
🎤 L’esecuzione leggendaria dei Queen al Live Aid – 13 luglio 1985: quando Freddie Mercury conquistò il mondo in 20 minuti
Wembley Stadium, Londra. 13 luglio 1985. Il cielo sopra la capitale inglese è limpido, e lo stadio è un braciere vivo di 72.000 anime in fermento. Si sta scrivendo la storia della musica. Il Live Aid – il colossale concerto benefico ideato da Bob Geldof e Midge Ure per aiutare l’Etiopia – è già un evento senza precedenti. Ma nessuno, nessuno, può immaginare che nei prossimi 20 minuti il rock raggiungerà il suo momento più alto, più puro, più perfetto.
Sono le 18:41. Sul palco salgono quattro uomini: Freddie Mercury, Brian May, Roger Taylor e John Deacon. I Queen. Dietro le quinte c’è tensione. Il loro set è limitato, non c'è tempo per scenografie, effetti o bis: dovranno incendiare il mondo con la sola forza della musica.
Freddie indossa una maglietta bianca attillata, jeans slavati, una cintura borchiata. La folla esplode al primo tocco di pianoforte: Bohemian Rhapsody. Non c'è orchestra, non c'è studio, ma Mercury canta ogni nota con una teatralità divina. È il preludio di una performance immortale.
Senza un attimo di pausa, Brian May si avvicina con la sua Red Special per l’assolo. Poi il ritmo accelera. Le prime note di Radio Ga Ga fanno sobbalzare Wembley. Freddie comanda il pubblico con gesti ampi, magnetici, e 72.000 mani iniziano a battere all’unisono. L’oceano umano si piega al suo volere. È un rito collettivo. Un miracolo laico.
Ma il momento che ferma il tempo è il "Day-Oh". Mercury si allontana dal microfono e inizia un richiamo vocale, una chiamata tribale. Il pubblico risponde, fortissimo, ripetendo ogni nota, ogni vocalizzo, come un’eco che si espande nel mondo. È l’apoteosi dell’interazione tra artista e folla. È la voce di un intero pianeta che canta insieme.
Seguono Hammer to Fall, Crazy Little Thing Called Love e infine la tripletta che chiude lo spettacolo: We Will Rock You e We Are the Champions. Le note rimbombano come inni epici. Wembley canta tutto, in un'unione mistica. In quel momento, non c'è più divisione tra palco e pubblico, tra artista e spettatore. È un’unica entità, guidata dalla forza inarrestabile di Freddie.
Il set dura solo 20 minuti, ma è sufficiente per rubare la scena a ogni altro artista, da Bowie agli U2, da Elton John ai Led Zeppelin. I Queen non solo vincono il Live Aid, ma dimostrano che la musica può essere una rivoluzione. Bob Geldof stesso dichiarerà anni dopo:
“Queen? Loro hanno salvato il Live Aid.”
📺 Un’eredità eterna
Le riprese del Live Aid 1985 sono ancora oggi studiate, viste e riviste come la più grande performance dal vivo di sempre. Non c’è playback, non ci sono effetti speciali: c’è solo una band al massimo della forma, e un frontman che diventa leggenda.
Freddie Mercury, già minato dalla malattia che ucciderà la sua voce negli anni a venire, non è mai stato così vivo, così potente, così assoluto.
In 20 minuti i Queen non hanno solo suonato delle canzoni.
Hanno ricordato al mondo cosa vuol dire essere liberi, gridare forte, e sentire il battito del cuore della musica nel petto.
E da quel giorno, il palco del Live Aid non è più stato solo un palco.
È diventato un tempio. E Freddie Mercury, il suo eterno sacerdote del rock.
📜Interpretazioni del testo di Bohemian Rhapsody
1. L’uccisione del sé: rinascita attraverso il cambiamento
La celebre strofa “Mama, just killed a man…” può essere vista come la metafora della morte del vecchio sé di Freddie Mercury, preludio a una trasformazione personale. Lo uccisione di un “uomo” rappresenterebbe l’abbandono di un’identità precedente, forse legata alla sua vita eterosessuale, per abbracciare la sua vera natura.
2. Coming out e lotta interiore
Molti interpretano la canzone come un'allegoria del coming out di Freddie. Guy Branum, nel memoir che analizza la canzone come metafora del rivelarsi gay, la paragona a un racconto di sviluppo personale tratto dal mondo LGBT, con conflitti tra desiderio e pressione sociale .
Sheila Whiteley osserva che il testo potrebbe riflettere il contrasto tra la relazione con Mary (rappresentata dalla figura materna) e l’inizio della sua vita omosessuale.
3. Dimensione esoterica e iniziatica
Alcuni studiosi rintracciano nel testo strutture simboliche legate a temi massonici:
La morte rituale dell’ego (“killed a man”) come primo grado iniziatico;
Il passaggio notato nella parte “Scaramouche… Galileo” come metafora dell’illuminazione spirituale e della ricerca della conoscenza.
L’utilizzo di termini come Bismillah! (“In nome di Dio”) e Beelzebub rimanda al conflitto tra luce e ombra, bene e male, e alla trasformazione interiore .
4. Influenze letterarie e filosofiche
Il racconto ha similitudini con “Lo Straniero” di Albert Camus: un uomo che commette un omicidio, riflette sulla vita e si avvicina alla morte.
Possibili richiami al Faust di Goethe: il protagonista vende l’anima al diavolo (qui, Belzebub) ma tenta una redenzione con “Bismillah”.
5. Mistero voluto e nonsense poetico
Freddie lo definì un’opera fantasiosa: “random rhyming nonsense”, lasciando spazio all’immaginazione dell’ascoltatore .
Brian May ha raccontato che il testo fu modellato collettivamente, con aggiunte continue come “Galileo dear!”.
Roger Taylor sottolinea come nel testo emergano elementi volutamente surreali nel cuore dell’opera .
✍️ Conclusione
Bohemian Rhapsody continua a essere un'opera enigmatica, un caleidoscopio di emozioni e significati che sfuggono a ogni definizione univoca. Alcuni vi leggono una confessione intima, forse legata al tormentato percorso di coming out di Freddie Mercury; altri vi riconoscono un viaggio psicospirituale, dove la morte rappresenta la rinascita e la trasformazione interiore.
C’è chi la interpreta come un rito iniziatico, denso di simboli esoterici, oppure come un’allegoria filosofica ispirata a Camus o al mito di Faust. E poi ci sono coloro che preferiscono abbandonarsi al lato più istintivo e poetico della canzone, accettandone il nonsense apparente e il suo carattere teatrale e visionario.
In fondo, forse è proprio questo il suo potere: la capacità di adattarsi a ogni ascoltatore, offrendo una lettura diversa a seconda di chi la ascolta, di dove si trova nella vita, di cosa cerca. Freddie Mercury non ha mai voluto spiegare veramente il significato del testo. E questo silenzio, più di mille parole, ha trasformato la canzone in un enigma eterno, ancora oggi capace di emozionare e far riflettere.
Per gli amanti del sound dei Queen troverete parole collegate ai link di Amazon:
🎤 FREDDIE MERCURY – Voce e Pianoforte
🎙️ Microfono:
Shure SM58 con supporto ad asta corta, a cui Freddie toglie l’asta inferiore, lasciando solo il mezzo supporto con il microfono — il suo inconfondibile “microfono a mezz’asta”, diventato iconico.
Questo setup gli permette di muoversi con più libertà sul palco.
Il Shure SM58 è famoso per la sua resistenza, chiarezza nelle medie frequenze e capacità di gestire pressioni sonore elevate.
🎹 Pianoforte:
Bechstein Grand Piano, usato per aprire Bohemian Rhapsody.
Mercury era molto esigente riguardo ai pianoforti a coda e preferiva la dinamica ricca di Bechstein, anche in contesti live.
Il pianoforte è microfonato internamente e mixato con precisione nel PA.
🎸 BRIAN MAY – Chitarra solista
🎸 Chitarra:
Red Special, la leggendaria chitarra costruita da Brian e suo padre negli anni ’60.
Costruita in legno di camino, con pickup Burns Tri-Sonic modificati.
Ogni pickup è attivabile individualmente e con selettore di fase.
Offre un suono unico, pieno di sustain e perfetto per distorsioni controllate.
🎛️ Effetti e Amplificazione:
Pedali Boss e moduli personalizzati, tra cui:
Delay analogico per l’eco nei soli.
Booster di segnale (Treble Booster) per saturare l’amplificatore.
Vox AC30 (più di uno in parallelo).
È l’amplificatore per eccellenza di Brian May, usato in quasi ogni concerto Queen. Offre distorsione armonica cremosa e una dinamica perfetta per i suoi lunghi soli melodici.
🥁 ROGER TAYLOR – Batteria e cori
🥁 Drum kit:
Ludwig Drum Kit, con rullante e grancassa custom.
Grancassa Ludwig da 24", tom da 13" e timpani da 16" e 18".
🎤 Microfono:
Anche Roger canta in molti brani (es. cori in “Radio Ga Ga”, “Hammer to Fall”).
Usa un Shure SM58 su supporto boom durante l’intero set.
🎸 JOHN DEACON – Basso
🎸 Basso:
Usato in quasi tutta la carriera Queen, è noto per la sua affidabilità e il suono caldo e rotondo.
Deacon lo suonava con le dita, con precisione chirurgica.
🔊 Amplificazione:
Ampeg SVT + casse Marshall bass series, per garantire un suono profondo e potente anche negli stadi.
Nessun effetto: John era famoso per non usare pedali, preferendo una linea pulita e diretta.
🎚️ SISTEMA AUDIO E MIX FOH
Il sistema audio del Live Aid fu gestito da Hill Audio, con:
Ogni canale vocale e strumentale era equalizzato dal vivo, e il mix finale mandato in TV e radio fu uno dei più bilanciati della giornata.
🧩 Curiosità tecniche:
Nessun click o sequencer: tutto il set fu eseguito live, senza sovraincisioni o basi.
Il video e l’audio furono trasmessi in diretta globale e registrati su Betacam e bobine multi-traccia per l’archivio BBC.
Brian May dichiarò che avevano preparato due giorni per le prove e avevano scelto un set compatto ma esplosivo.
🏁 In conclusione
Niente orpelli. Nessun effetto speciale. I Queen conquistarono Wembley — e il mondo — con strumenti essenziali, suoni analogici e una sinergia umana impossibile da replicare. E proprio in quella semplicità, amplificata dal carisma di Mercury e dalla potenza della band, nacque una delle performance più perfette della storia del rock.